Guida intergalattica per l'Hybrid Cloud

set 14

Scritto da Valerio Malnati

Pensate all’infrastruttura IT di un’azienda come se fosse l’intricata rete sulla quale viaggiano i mezzi di trasporto di una qualsiasi metropoli nel mondo. Sarà composta da un mix di soluzioni che vanno dal trasporto pubblico (treno, metropolitana, autobus, tram, ecc.) al trasporto privato (auto, taxi, veicoli elettrici, ecc.) e da persone che si muovono a piedi o in bicicletta. Sostanzialmente è uno scenario ibrido, che ha come obiettivo quello di portare le persone dal punto A al punto B nel modo più veloce, più conveniente e meno rischioso possibile. (L'articolo di Valerio Malnati e Emanuele Andreazza)

1. Che cos’è l’Hybrid Cloud?
2. Perché adottare una strategia ibrida? L’approccio “cloud-best”
3. Hybrid Cloud: il nostro “How To”
4. Le complessità nascoste dell’Hybrid

Partiamo da questa analogia per me particolarmente centrata se applicata al mondo IT aziendale perché spiega come una soluzione ibrida permetta di coprire a 360° le esigenze di business e tecnologiche, fornendo un mix di piattaforme in grado di sfruttare il meglio di ciascun ambiente. L’obiettivo di queste soluzioni, tra le quali emergono le nuove applicazioni del cloud, rimane quello di mantenere il massimo equilibrio tra performance, costi e sicurezza.

 

 


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Che cos’è l’Hybrid Cloud?

Il cloud ibrido è un ambiente che combina infrastruttura locale (on premise), cloud privati e servizi cloud pubblici, gestito e orchestrato in modo armonico. Va tenuto quindi presente che avere un ambiente ibrido non significa solamente avere un po’ di public cloud e un po’ di private cloud, ma significa disporre di un servizio cloud integrato in cui i servizi privati ​​e pubblici vengono utilizzati insieme per generare il massimo valore.

All’interno di un contesto Hybrid Cloud i dati e i workload possono spostarsi tra le varie piattaforme, per offrire una maggiore flessibilità e più opzioni di distribuzione.

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Perché adottare una strategia ibrida? L’approccio “cloud-best”

Tanti CIO, CTO e IT manager, si sono trovati di fronte al classico quesito: “public cloud o private cloud? Cosa scegliere?” Il public cloud è agile e scalabile, oltre ad avere una serie di servizi pronti all’uso, adatto ad aziende e team che necessitano rapidità di esecuzione. Flessibilità e scalabilità sono vantaggi che ritroviamo anche nei servizi erogati da data center privato e con questa soluzione di private cloud spesso si riesce a ottenere un maggior controllo su dati e performance. Considerato che i player che ospitano i dati dei clienti nel proprio data center privato hanno il pieno controllo degli stessi, in genere c'è una posizione di sicurezza più coerente e un maggiore grado di flessibilità e controllo su come tali dati vengono gestiti e utilizzati.

Un altro tema è quello legato alle applicazioni. Infatti, anche se in alcuni casi ci si orienta verso applicazioni cloud native sviluppate con approccio DevOps, molte aziende utilizzano ancora una serie di applicazioni tradizionali, come ad esempio software gestionali (ERP, CRM, etc. ). Queste piattaforme legacy in alcuni casi non permettono di portare avanti una strategia “cloud-first”, ma in qualche modo costringono l’azienda a mantenere questi sistemi mission-critical in ambiente privato.

Anche i più coraggiosi che vorrebbero adottare una strategia "cloud-first" si trovano quindi, per varie ragioni, ad avere invece un più produttivo approccio "cloud-best" con alla base una strategia ibrida. Lo scopo di questo approccio è quello di allineare la strategia cloud alla tua strategia aziendale, non il contrario.Di fatto, la questione su cosa sia meglio tra public cloud o private cloud non ha più senso di esserci, considerato che spesso la soluzione migliore sta nel mezzo.

Gli analisti prevedono che la maggior parte (circa il 90%) delle aziende Entreprise adotterà una strategia ibrida per la propria infrastruttura IT tra questo e il prossimo anno.

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Fonte Statista.com: Worldwide; First quarter 2020; 554 Enterprise (more than 1,000 employees); Technical professionals across a cross-section of organizations. This statistic shows enterprises' cloud computing strategy from 2017 to 2020. As of the first quarter of 2020, 87 percent of the enterprise respondents indicated that they have deployed hybrid cloud in their organizations.

 

Possiamo quindi affermare con certezza che, buona parte degli ambienti IT, sarà composto da un mix ibrido di IaaS pubblico, IaaS privato, PaaS e SaaS. In questo contesto così intricato, ricopre un ruolo centrale il Managed Service Provider (MSP).

I principali benefici potranno essere:

  • Flessibilità e scalabilità: distribuzione dei sistemi in base a logiche tecnologiche e di performance. Con una modalità ibrida si sfrutta sempre la “best option” per ogni singola applicazione.
  • Ottimizzazione costi: questo approccio permette di posizionare i sistemi sfruttando sia l’economia di scala e il pricing flessibile dei cloud provider che la predicibilità dei costi di un MSP. Di fatto è possibile monitorare e ottimizzare le risorse sul public cloud.
  • Sicurezza: protezione e riduzione dell’esposizione dei dati elaborati nel proprio ambiente ibrido, grazie alla possibilità di ospitare i dati critici all’interno di una porzione di ambiente privato. Senza perdere i benefici dell’integrazione e mantenendo conformità con le policy di sicurezza.


Hybrid Cloud: il nostro “How To”

La realizzazione di un modello Hybrid Cloud efficace non è sempre semplice: spesso non si riesce ad affrontare solamente con una tattica di migrazione dei workload “as-is” dalla piattaforma sorgente alla piattaforma di destinazione (strategia definita Lift&Shift).

Infatti come MSP, vediamo questo percorso più come una gara a tappe, composta da step intermedi e passi fondamentali che abbiamo riportato nello schema che segue:

customer journey cloud

 

In questo percorso, riveste un ruolo cruciale la fase iniziale. Si parte con un assessment di tutti i workload presenti nell’infrastruttura, un’analisi che oltre a riguardare la capacity dei diversi applicativi installati, comprenda anche uno studio delle performance, delle interconnessioni fra i sistemi, della criticità e dei requisiti di governance, sicurezza e compliance. In questo modo si riesce a disegnare una strategia efficace per il nuovo posizionamento dei sistemi e degli applicativi in uno scenario di Hybrid Cloud.
Oltre all’utilizzo di specifici tools, per questa fase vengono utilizzati framework ad hoc che prevedono una continua interazione con le figure chiave dell’azienda, così da centrare oltre agli obiettivi tecnologici anche e soprattutto quelli di business.

Lo step successivo è la fase di migrazione, che consiste nel mettere in atto la strategia designata per ciascun workload in fase di assessment. Le modalità possono essere molteplici: possono riguardare lo spostamento “as-is”, senza sostanziali modifiche da un punto di vista applicativo, dei sistemi in un cloud pubblico, il mantenimento di alcuni sistemi in un cloud privato o su infrastruttura on premise o anche la revisione dei workload, in quest’ultimo caso si riprogetta (secondo un processo di modernizzazione o modernize) l’applicativo sfruttando tecnologie e servizi PaaS e SaaS che i Cloud Provider offrono (come ad esempio i Database as a Service).

In entrambe le fasi, è essenziale non trascurare il design delle cloud operation da effettuare sui sistemi. Ad esempio, tutte le attività che riguardano il monitoraggio, il change management, l’incident management, il backup e l’asset inventory dei sistemi, che inevitabilmente dovranno subire una revisione e una riorganizzazione in seguito alle logiche di design architetturale dei workload che verranno effettuate.

Il percorso per un modello Hybrid efficace non termina una volta che i workload sono stati ricollocati.

Per esempio, durante il running del servizio, soprattutto per quei sistemi che saranno spostati nel Public Cloud, dove il modello pricing è tipicamente “pay per use”, è necessario mantenere sotto controllo il reale utilizzo dei sistemi, per non imbattersi nell’over-provisioning di risorse, ovvero nell’aumento di costi non necessario e non previsto per un acquisto sovrastimato.

Inoltre, il processo di modernizzazione dei workload deve essere continuo: i cloud provider rilasciano costantemente nuovi servizi, quindi le applicazioni possono evolversi e cambiare sfruttando nuove funzionalità. In alternativa potrebbero mutare seguendo logiche di business o di tecnologia che rendono necessaria una review per mantenerli al passo del business.

 

Le complessità nascoste dell’Hybrid

Oltre alle complessità che riguardano il posizionamento e la strategia rispetto ai workloads convolti in una piattaforma Hybrid Cloud, esistono altri aspetti di cui tenere conto nell’approccio.

Interconnessione ambienti: in una piattaforma Hybrid Cloud, caratterizzata da un design distribuito, con Data center on Premise o Cloud Privati e public Cloud che devono “parlare” fra di loro a distanze geografiche non indifferenti, la tipologia di connettività prevista deve garantire le performance necessarie. È essenziale quindi permettere agli utenti di poter lavorare in modo trasparente, come se i sistemi fossero On Premise oltre che, dal punto di vista della sicurezza, assicurare che il traffico sia protetto e che quindi le informazioni aziendali siano al sicuro da attacchi.

Gestione centralizzata dell’Hybrid Cloud: un’altra complessità riguarda la gestione unificata di queste piattaforme.

Come detto, la chiave del cloud ibrido è spesso l’integrazione, è importante quindi avere una soluzione che garantisca una governance unica dei workload indipendentemente da dove si trovino. Integrazione che deve prevedere oltre alla gestione unificata, un sistema di monitoring dei sistemi atto a semplificare le system operations e cloud operations. Governance che riguarda anche il tema costi: come visto precedentemente, mantenere sotto controlli il consumo di risorse, permette di non incorrere in un inaccettabile aumento dei costi dovuto all’over-provisioning delle risorse o a “zombie resources”, cioè risorse non più sfruttate e spente che però vengono ancora pagate al provider

Posizionamento del workload e run del servizio: nuovi applicativi continuano ad essere inseriti nel portafoglio dei sistemi di una azienda, così come nuovi servizi IaaS/PaaS/SaaS continuano ad essere distribuiti dai principali Cloud Provider: è fondamentale analizzare periodicamente i possibili miglioramenti e la trasformazione dei workload che sono in running, per garantire benefici dal punto di vista delle performance, della governance, dei costi e del business.

 

 

 

Il Managed Service Provider: la tua guida nell’Hybrid Cloud

Abbiamo parlato di come un ambiente ibrido, in cui le applicazioni possano migrare senza problemi tra cloud privati e pubblici, possa portare benefici e di come possa generare complessità. Per ottenere il miglior risultato però, serve una soluzione che coniughi il cloud con un set comune di servizi sia on prem che sulla nuvola (private o public), che possa integrare i due ambienti e abilitare capacità di resilienza coerenti, in modo che le applicazioni possano essere sviluppate una volta ed eseguite ovunque.

Il ruolo del MSP è quello di rimuovere la complessità dell'infrastruttura IT legacy e i possibili ostacoli che si potrebbero incontrare nel viaggio verso l’Hybrid, facilitando il già citato approccio “cloud-best”.

Infatti, come MSP supportiamo le aziende nel viaggio verso il cloud: dalla fase di assessment e design dell’architettura, all’implementazione della soluzione, fino all’erogazione e monitoraggio del servizio.
I sistemi e workload presenti nel public cloud gestito da Elmec, nei prossimi giorni saranno visibili anche sulla piattaforma MyElmec con una dashboard sviluppata ad hoc per permettere di avere sempre sotto controllo i costi del public cloud. L’obiettivo è aiutare le aziende a ottenere solo i benefici di un modello di pricing flessibile per ottimizzare al massimo le performance.

Le aziende possono trovare in Elmec un partner che si posiziona come unico interlocutore sia tecnologico che finanziario, che abiliti l’approccio “cloud-best” e riesca a garantire integrazione degli ambienti e continuità di servizio.

 


 

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